Meditare significa ‘familiarizzare’ o ‘abituare’ la mente a osservare oggetti mentali, possibilmente virtuosi, che da un lato, tramite la meditazione univoca, servono a rendere la mente stabile, pacifica e chiara, e anche riposata; e dall’altro, tramite la meditazione analitica, servono a trasformare la mente da sofferente a felice, o da oscurata a illuminata, tramite ragionamenti logici validi e inconfutabili, che vanno tuttavia fatti da noi stessi, perché noi soli possiamo salvare noi stessi. Solo noi possiamo ottenere la liberazione e lo stato di un buddha. “Tu sei il tuo Maestro, tu sei il tuo carnefice” (Buddha Shakyamuni).

MEDITAZIONE CONCENTRATIVA

“Meditazione concentrativa” (chiamata anche meditazione univoca o stabilizzazione meditativa o equilibrio meditativo) in sanscrito Shamata, in tibetano Shiné: è l’esercizio mentale in cui ci si focalizza su un solo punto, un solo oggetto di osservazione, come ad esempio il respiro; serve a fermare le elucubrazioni mentali, tramite l’addestrare la mente a dimorare stabilmente su un unico oggetto prescelto, il più a lungo possibile.

La funzione della meditazione univoca è di rendere la mente stabile e lucida, perciò favorire la memoria, la chiarezza e anche una discriminazione corretta.

Secondo la visione buddhista, la meditazione univoca da sola non è in grado di liberare la mente di un essere umano dalle afflizioni mentali (o oscurazioni afflittive: attaccamento, odio, ignoranza, orgoglio e così via), tanto meno liberarlo dall’esistenza ciclica. La meditazione concentrativa rende la mente pacifica solo temporaneamente, come un lago torbido il cui fondo si è sedimentato, per cui risulta trasparente, ma se si gira un legnetto nell’acqua, torna torbido perché la melma ritorna a galla.

La meditazione univoca diventa però lo strumento indispensabile per imprimere profondamente le nuove comprensioni sorte dalla meditazione analitica.

MEDITAZIONE ANALITICA

“Meditazione analitica” in sanscrito Vipashyana e in tibetano Lhag Thon: è un addestramento mentale che investiga mentalmente la realtà dei fenomeni, sia dal punto di vista convenzionale (il sorgere dipendente), sia dal punto di vista ultimo (vacuità dei fenomeni).
Le nostre proprie visioni errate, innate e acquisite, sono alla radice di tutte le nostre sofferenze mentali e fisiche. Tutti i ragionamenti portano a realizzare la vacuità di esistenza indipendente di tutti i fenomeni.

Partendo dal soggetto della meditazione analitica, che è se stessi, il nostro modo di concepire le cose, e il nostro modo di pensare, sulla base di eventi, relazioni, situazioni in cui abbiamo agito in un determinato modo piuttosto che in un altro. Se vogliamo trasformare il nostro stato d’animo, decidendo di non soffrire più, se decidiamo di essere felici, il soggetto d’indagine necessariamente deve riguardarci da molto vicino (l’io, il mio corpo, le mie sensazioni, le mie menti ecc. i fenomeni interni).

Unione di “calmo dimorare” e “visione speciale”

Sebbene agli inizi la meditazione univoca e la meditazione analitica si contrastino a vicenda – la prima impegna la mente a focalizzarsi su un solo punto, mentre la seconda mette sforzo nell’analizzare molteplici ragionamenti – attraveso la costante pratica alternata dei due tipi di meditazione, si raggiunge poi la fusione delle due meditazioni, ciò che è chiamato “l’unione di calmo dimorare e visione speciale” (preparazione del mero principiante a una 1a concentrazione del Reame della Forma; sentiero della Preparazione Mahayana).

Offerte di acqua da bere, acqua per lavarsi i piedi, fiori, incenso, candele, profumi, e cibo... per gli Yidam e Maestri Vajra

“Meditate anche poco, ma tutti i giorni!”

dicono i Maestri

Meglio una meditazione breve di qualità, che una lunga distratta oppure con troppo sforzo.